Sono sceso in giardino
volevo cogliere una rosa,
era la più bella,
ma non sarebbe bastata.
Volevo attraversare
l’immensità dell’oceano,
ma era troppo piccolo.
Lo splendore del diamante più prezioso,
impallidisce.
Ho cercato parole
che non ho trovato.
Grazie Rosa,
forte come Spartaco.
Grazie Maria,
tenero e puro giglio,
e alla tua resistenza
allo squallore e alla viltà.
Grazie Teresa,
per il tuo amore e la tua tenacia.
Grazie Rita,
bambina dal cuor di leone.
Grazie Miriam, grazie Mercedes,
voci degli ultimi,
liriche corde di chi soffre.
Grazie a JIN, JÎYAN, AZADÎ
nome delle donne
che sulle montagne kurde
lottano per la libertà e l’umanità.
Con altri nomi
son sempre loro,
le mondine, le partigiane,
le operaie e tutte le donne
che hanno lottato, lottano e lotteranno
per migliorare questo mondo,
per un avvenire più umano e degno di essere vissuto.
Si ricorda Selma e Martin
ma se non sbocciava la Rosa
della dignità e del coraggio
non ci sarebbe stato Martin.
Hanno marciato in migliaia
Ma tutto ebbe inizio con Rosa
Che s’alzo in piedi e non chinò il capo.
Grazie di esserci e
di impreziosire le giornate.
Faro dei naviganti nella tempesta,
sorriso e tenerezza della vita,
gemma di ogni giorno,
GRAZIE.
E’ questo un vecchio tentativo di poesia del 2010. Mi son permesso di riprenderla, e leggermente modificarla, quest’anno. Anche per ricordarci che la “Festa delle donne” ha origini nobili e antichi, radici di dignità e libertà, di quella lotta per l’umanità e per l’avvenire che è ancora in corso …