Un grande freddo avvolgeva tutto, catturando ogni cosa come una fitta ragnatela. Un grande, immenso freddo che penetra nelle ossa, che blocca ogni movimento. Totalmente immobile, la testa era pesante, un chiodo pesante e appuntito sembrava penetrare nel cranio, ogni muscolo, ogni ossa doleva, fino a far piangere, più di mille camicie di forza. La coperta del letto non scalda. E non bastano le rinforzate finestre serrate. Nonostante i vetri, nonostante le massicce persiane, il vento più gelido possibile penetrava e invadeva la stanza. Rendendo impossibile ogni movimento, ogni pensiero. E più il freddo cresceva più un angoscia ingabbiava il cuore, rendeva impossibile il respiro, il pensiero. Il grande freddo di una immensa, quasi disumana stanchezza. Così forte, così dilaniante, così una prigione che non si riusciva neanche a chiudere gli occhi e riposare. Cristalli di ghiaccio bloccavano le palpebre, avvolgevano la mente. E l’angoscia saliva, saliva sempre più. Si voleva gridare, ma il grande freddo rendeva impossibile anche solo un fragile lamento.
Poi d’improvviso una folata d’aria, possente come non mai, spalanca le finestre. Un vento impetuoso, di una forza titanica che sembra scaraventare lontano dal letto, buttare fuori dalla finestra. Ma lì, fuori dalle gelide mura, non c’era il grande freddo. Improvvisamente un tepore dal cuore saliva ad ogni angolo del corpo, l’angoscia lasciava il posto ad un falò nell’animo e nel cuore. Era notte, una notte senza stelle e senza nulla, persino le nubi disertavano il cielo. Eppure si trovava pace. Improvvisamente gli occhi si chiudono per aprirsi davanti ad una dolce nenia. Note di una musica lontana, ma bellissima. Note che parlavano di sentimenti d’amore e nostalgia, di generosità e sogni, di una casa lontana e una famiglia che aspettava chissà dove. Il fuoco di un bidone in un luogo spoglio e adorno, triste e grigio, accoglieva le persone. Persone che raccontavano di un lavoro perso anni fa. Avevo una famiglia, un lavoro stabile, tutti gli anni andavamo in vacanza e non ci mancava nulla; poi arrivò il grande freddo e spazzò via tutto. Vivevo in una bellissima casa, ero invidiata da tutti per posizione sociale e lusso. Sembravamo felici ma, nel chiuso di una calda casa, in realtà era solo sangue e urla, botte e insulti. Sono andata via e tutti mi hanno voltato le spalle. Era un avvocato, o forse un notaio, e anche le amiche più care mi dissero pazza. E ora sono qui. Un giorno tornai dal lavoro e cominciai a tossire, sputai sangue, dovetti lasciare in breve quel lavoro che mi stava uccidendo. E ora sono qui. Vengo da tanto lontano, da una terra di oceani e fiumi lontani, una cultura antica e millenaria. Ma poi arrivò il grande freddo che spazzò via tutto, che sradicò alberi immensi e potenti. E ora sono qui. Sembrava dover tornare l’angoscia, il freddo. Eppure in fondo al cuore un falò riscaldava ancora, un falò che appariva sempre più lontano. Ma che sembrava continuare ad indicare un sentiero. Piccolo ed impervio ma che in fondo conduceva ad una luce calda e avvolgente, un fuoco che donava speranza.
Arrivò una fortissima folata, chiuse gli occhi e porto via tutto. Improvvisamente, sul letto, ancor più pesante di prima la coperta e ancor più grigie le mura. Dalla finestra entrarono pallidi e timidi raggi di sole. Ma non scaldavano, erano gelidi e senza luce. Era stato solo un sogno. Un sogno che sembrava voler indicare speranza e calore. Ma ora c’era solo il grande freddo, l’angoscia che tutto ingabbia. E le forze mancano, per gridare, per esprimersi, per tornare dal falò che riscalda il cuore e l’anima
Alessio Di Florio