Il 10 maggio 1978 per il PCI “Peppino non è più compagno? E’ diventato “il giovane?”

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La tristezza ci si stringe addosso implacabile. Ho l’incarico di buttar giù il testo di un volantino: ci provo, senza la mia abituale capacità di saperlo fare: soffro troppo. Alla fine leggo:

-“Il compagno Giuseppe Impastato è stato assassinato dalla mafia di Cinisi perché ne denunciava i loschi traffici e le sue collusioni con il mondo politico locale. Chiediamo a tutti gli uomini onesti della Sicilia di mobilitarsi e chiedere giustizia per questo infame delitto. Chiediamo alle forze dell’ordine di indagare su Gaetano Badalamenti e sulla sua cosca…. Abbiamo tutti l’impegno morale di reagire alla violenza che domina in questo schifo di paese…”.Mi fermo, trattengo il pianto, continuo a leggere: -“ dove non si può parlare senza la paura di essere uccisi “.

Non riusciamo a resistere alla commozione. Improvvisamente arriva qualcuno con una valigetta, scambia qualche parola con Pippo Palazzolo, il segretario, e questi ci dice:

-“Compagni, se, per favore, potete aspettarci fuori, dovremmo discutere qualche minuto tra di noi”.

Usciamo, aspettiamo fuori per circa mezzora, si odono urla provenire dall’interno, poi si apre la porta ed esce Franco Maniaci, il vice-sindaco, con un pezzetto di carta in mano:

-“Compagni,  abbiamo concordato di scrivere, come sezione PCI, questo comunicato”:

“In relazione alla morte del giovane Giuseppe Impastato, esponente della lista di Democrazia Proletaria, il PCI esprime il suo cordoglio per questa tragedia che ha scosso l’intero paese. La vicenda presenta tuttora pezzi oscuri e inquietanti, che impongono indagini rigorose ed attente, senza tralasciare alcun indizio, a cominciare dagli episodi di intimidazione che si erano precedentemente manifestati nei confronti del giovane scomparso. Nessuna ipotesi può essere esclusa, nessuna tesi sembra poter essere sinora scartata dagli investigatori….

Mi metto a gridare:

-“Fammi capire, quando parli del giovane Giuseppe Impastato, stai parlando di Peppino?”

Urlo più forte:

-“Peppino non è più compagno? E’ diventato “il giovane?”

Mi segue Giovanni Riccobono:

-“Fammi capire, cosa vuol dire “Nessuna ipotesi può essere esclusa?” Forse che la mafia non c’entra ed è stato un attentato?”

Chiude il discorso Vito:

-“Va fa ‘nculo, andate a fare tutti in culo. Compagni del cazzo. Vigliacchi, buffoni”.

Ce ne andiamo incazzatissimi.

Decido di passare dalla radio. Tutto è per aria, dopo la perquisizione fatta in mattinata. C’è Guido  seduto sulla vecchia poltrona su cui stava stravaccato Peppino.

-“Che cazzo ci fai qua?”

-“Rispondo alle telefonate. Ne sono arrivate tantissime”

Sulla bacheca, dove solitamente appendiamo il palinsesto e qualche comunicazione, è appuntato un biglietto: la calligrafia è la sua:

“Peppino, ti ricordi quando mi hai aiutato a fare la trasmissione su Fausto e Iaio?

Tu sapevi usare sempre le parole giuste per ricordare che il potere ha già fatto molti morti.

Hai pure voluto ricordare l’anniversario di Pinelli, di Sacco e Vanzetti,

hai sempre pensato a Francesco, a Walter, a Giorgiana, e a tutti gli altri compagni morti di stato.

Ora ti aspetto per pensare anche a te, perché non è vero che sei vivo,

siamo noi che moriamo sempre più dopo le vostre morti”.

Guardo la sua faccia distrutta. Accendo il trasmettitore, metto sul piatto la mia abituale sigla, “Morti di Reggio Emilia”, alzo nel  mixer il cursore che apre il giradischi, faccio scorrere tutto il brano, apro il microfono  e  comincio:

-“Non lo ascolteremo più. Anzi, ve lo faccio ascoltare ancora una volta, mentre pronuncia il nome del suo assassino”.

Metto la registrazione di una delle ultime “Onda Pazza” :

Peppino: -“Lunedì altra riunione della commissione edilizia. C’è ancora tensione. Presiede il grande capo Tano Seduto.”

La mia voce, provocatoria: -“Bada….bada…”

E Peppino che si lascia andare: -“Bada a come ti lamenti, porco cane!!!”

Riprendo in diretta:

-“Ma non preoccupatevi. Tano Badalamenti, “u padri nostru”, come lo chiamate voi, non  corre nessun rischio. Non ha ucciso nessuno, sono tutte calunnie di quattro vagabondi e straccioni, egli può dormire tranquillo nel suo letto. Peppino è morto da solo, ha voluto morire come un fesso.  E’ andato a mettere una bomba sui binari della ferrovia per Palermo: non si sa, forse si voleva suicidare, era stanco di vivere, forse voleva fare un attentato, far morire gente innocente, ma siccome di esplosivi non ne capiva niente, è saltato in aria. E se non si è ammazzato, si è voluto fare ammazzare. Colpa sua. Non si faceva gli affari suoi. Tranquilli, è saltato da solo. Non è rimasto neanche un pezzettino. I carabinieri stanno cercando il complice dell’attentatore, e i complici siamo noi, terroristi come lui. E’ stato usato tritolo. E dove si trova il tritolo? Ma nelle cave!!! E chi è proprietario di una cava a Cinisi? Ma don Peppino Percialino! Però anche lui può dormire tranquillo. Non ci sono prove. Peppino glielo ha rubato, il tritolo. E poi, ci sono tante altre cave qui vicino!  Quella dei D’Anna, parenti di don Tano, quella di “u Sinnacheddu”, zio di Peppino. Quindi  spegnete questa radio e accendete la televisione, tutto è a posto. Questa volta i carabinieri, i mafiosi e i bravi cittadini la pensano tutti allo stesso modo. Domani arriveranno i suoi poveri resti e ci saranno i funerali, ma chi volete che ci vada? Nessuno vi romperà più le scatole a parlarvi di mafia, di politica, di fascisti, a parlar male di tanti altri santi cristiani che meritano rispetto…e soprattutto nessuno si permetterà più di sfottere quello sporco assassino di Tano Badalamenti, che tutti amate e rispettate…Più nessuno. E comunque, bando alle tristezze, assabenerica a tutti, ai longhi e ai curti, ai sicchi e ai grassi,  ai surdica un  vonnusentiri e all’orbi ca un vonnuviriri, ai nichi e ai granni, a chiddi cu a pelliccia e a chiddi senza mutanni…,  un saluto a tutti  stile “Onda Pazza”. (benediciamo tutti, i lunghi e i corti, i magri e i grassi, i sordi che non vogliono sentire e i ciechi che non vogliono vedere. i piccoli e i grandi quelli con la pelliccia e quelli senza mutande).

Parte la canzone di Ombretta Colli,  sigla di Onda Pazza, “Facciamo finta che tutto va ben..”

Sfumo.: -“ Ciao, Peppino.”

Continuo con il verso  di Guido:

-“Siamo noi che moriamo dopo la tua morte”.

Con un gesto secco spengo l’interruttore e dò un calcio al trasmettitore. Suonano il campanello e mi affaccio al balcone per vedere: è Gino Scasso, un compagno di Democrazia Proletaria di Partinico. Anche lui è di poche parole:

-”Bastardi. Bisogna fare qualcosa. Non possiamo fargliela passare così”.

Mi viene un’idea: mi metto a scrivere in due minuti un testo e poi dico a Gino:

-“Troviamo chi ci stampa un manifesto, almeno questo dobbiamo farlo, informare la gente su come stanno le cose”

Partiamo subito con la sua macchina. A Partinico, alla tipografia ABI, dopo aver letto il testo, ci dicono che è troppo tardi e che non ce la fanno. Secondo me è una scusa. Andiamo ad Alcamo alla Tipografia Campo e qui abbiamo migliore fortuna: in due ore il manifesto è stampato in duecento copie. Lo paga Gino, perché io sono senza soldi. 20 mila lire, che ancora oggi aspetta di ricevere. Torniamo alla radio, dove c’è un gruppo di compagni, Fanny, Pino, Giovanni, Giampiero, Guido, Giosuè.

Srotolo con  un po’ di soddisfazione il manifesto:

PEPPINO IMPASTATO E’ STATO ASSASSINATO.

Il lungo passato di militante rivoluzionario è stato strumentalizzato dagli assassini e dalle “forze dell’ordine” per partorire l’assurda ipotesi di un attentato terroristico. Non è così. L’omicidio ha un nome chiaro: MAFIA. Mentre ci stringiamo attorno al corpo straziato di Peppino, formuliamo una sola promessa: continuare la battaglia contro i suoi assassini.” 

DEMOCRAZIA PROLETARIA

Fanny mi si avvicina, mi stringe il braccio:- “Lo hai scritto tu?”.

– “Sì”

Mi rivolgo a Vito:

-”Prepara secchio, colla e scope. Stanotte tappezziamo il paese”.

Passiamo la notte ad affiggere il nostro triste necrologio. Quando arriviamo davanti alla casa di Badalamenti la tentazione è troppo forte: ci guardiamo con Vito, lui corre a spalmare la colla sullo sportello di metallo che chiude il contatore dell’acqua, io vi attacco il manifesto. Sono quasi le tre quando andiamo a dormire.

(Dal libro di Salvo Vitale “Cento passi ancora”)

Foto di
Paolo Chirco

 

Ripreso da http://www.ilcompagno.it/9-maggio-1978-gocce-di-memoria/  (una parte)

Pubblicato da Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora tra gli altri con Giustizia!, Telejato.it, Casablanca, I Siciliani Giovani e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e rotta adriatica del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di marcare la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.