Quei fusti sotto il viadotto che tornano alla memoria …

Davanti alle immagini del crollo di Genova, dell’immane disastro e delle morti che ha ucciso, delle reazioni di una propaganda che mi verrebbe da definire di regime dei servi sciocchi e di tanto altro, le sensazioni, le rabbie, da dire e scrivere ci sarebbe tantissimo. Ma oggi vorrei evitare, preferisco lasciar passare ancora qualche giorno per rimettere in fila alcune verità e lo sbugiardamento di alcune falsità. Da due giorni c’è un episodio che la memoria mi ha riproposto, che si è immediatamente legato alle parole sicurezza e ponti. Non so se possa esserne lontano parente e, ovviamente, non si intende minimamente che possano essere collegati. E solo uno “scherzo della memoria” che mi sento di condividere. Lo ripropongo, nella sua semplice e lineare cronaca. Credo chiunque vorrà potrà tranne le sue riflessioni …

mpc1-e1487686382829 Era dicembre di due anni fa, un pomeriggio come tanti. Scorro stancamente la home di facebook quando improvvisamente sobbalzo davanti ad alcune foto. Foto di rifiuti di ogni tipo sotto un ponte. E nel mezzo svettavano alcuni fusti, uno dei quali rotto che di una sostanza scura e vischiosa stava alimentando una piccola pozza. Chiamo immediatamente l’autrice delle foto, Maria Perrone Capano, e vado immediatamente da lei per scattare altre foto. Decidiamo insieme di far presentare un esposto per interrompere quel via vai che mi racconta dura da anni. Chiamo il coordinatore regionale delle Guardie WWF Claudio Allegrino che subito si attiva. Esce anche un comunicato delle Guardie e la stampa locale accende i riflettori.

Cominciano a passare le settimane. Era inizio febbraio, io ero quel giorno impegnato a Casalbordino. Squilla il telefono, è Maria. Già dal tono di voce immediatamente percepisco che qualcosa è successo. E’ chiusa in casa perché sotto quel ponte hanno appiccato un incendio, i rifiuti stanno prendendo fuoco e l’aria è irrespirabile. Purtroppo non posso andare, non posso allontanarmi da Casalbordino. Mi sale una rabbia incredibile, vorrei piangere ma non riesco. Parte subito un vorticoso giro di telefonate ad amici della stampa locale. Immediatamente esce la notizia. Credo di aver urlato al telefono con tutta la forza che potevo, disperato di essere inchiodato dov’ero e chiedendo subito che potessero far qualcosa. Era la rabbia davanti ad un atto grave e ingiusto. Ma, probabilmente, ancor di più perché colpiva anche una carissima amica, una persona che ho nel cuore. Come tante, probabilmente. Ma, come disse don Milani nessuno di noi può interessarsi ed amare il mondo intero. Siamo tutti limitati e non riusciamo ad andare oltre un certo numero. Non so se sia vero ma, confesso, tante volte ho sentito quel limite che grava sul cuore come un macigno. Arrabbiato e frustrato con me stesso nell’avere un cuore e un animo limitati, nel non riuscire ad andare oltre una certa soglia. Perché senti sempre che c’è un di più, che non basta quel che è già. Ma non ce la fai a superare quel confine, le forze appaiono limitate e non sufficienti. Ed è frustrante, terribilmente crudele. Ma torniamo alla mera testimonianza. Nei giorni precedenti, probabilmente i riflettori accesi avevano avuto un forte ruolo, si era attivato l’interesse sotto quel ponte. I rifiuti erano stati analizzati e l’area era stata recintata. Stava partendo la bonifica e, si sperava, l’interruzione di quel via vai.Il racconto di quei due mesi, corredato di un piccolo album fotografico, l’ho riportato in quest’articolo su Popoff Quotidiano https://www.popoffquotidiano.it/2017/02/21/vasto-tra-le-case-sbucano-fusti-tossici/ .

Passano altre settimane e tutta l’area viene recintata con alti e robusti muri metallici, partono lavori intensi ed alacri su tutta la zona per il perimetro dell’asse viario. E’ passato esattamente un anno e mezzo dall’incendio. I lavori, per quel che si è potuto vedere, hanno interessato i piloni. Sembra quasi siano stati rinforzati e consolidati. Sono passati 18 mesi e il cantiere apparentemente non è stato ancora chiuso. E chissà, ci sarà modo e occasione di tornare laggù. E forse ancora da raccontare. Intanto vien da pensare siano stati lavori rilevanti e importanti. Tutto può essere, senza documentazione e senza avere riscontri certi si deve rimanere aperti ad ogni possibilità, anche l’incredibile coincidenza. Ma la domanda sorge spontanea: senza quei riflettori, senza l’esposto, senza quell’incendio cosa sarebbe successo?

Pubblicato da Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora tra gli altri con Giustizia!, Telejato.it, Casablanca, I Siciliani Giovani e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e rotta adriatica del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di marcare la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.