Rotture di Vespa/4

CasablancaLilli “Là le case le fanno con lo sputo”, una frase da cui ieri sera è scaturita una vivace discussione. Si commentava la notizia del terremoto in Albania subito le 16 che, dopo qualche ora, stava conquistando l’attenzione mediatica italica. In buona parte perché era stata avvertita fino alla Puglia. Il portale dell’INGV indicava come 5.8 la magnitudo. Un pugno nello stomaco, una delle pagine più nere della storia d’Abruzzo e d’Italia degli ultimi decenni. Il terremoto aquilano del 6 aprile 2009 è rimasto nella memoria collettiva con l’intensità di 6.3. Ma, in realtà, valutazioni successive hanno indicato la magnitudo in 5.8/5.9. Ho provato stamattina, da profano della materia come si suol dire, a cercare notizie ed approfondimenti. Confesso che mi son perso tra valutazioni scientifiche, varie scale e simili. E ho trovato (oltre 10 anni dopo!) siti web che riportano 5.8 o 5.9. E non son riuscito a capire se la scala sia la stessa. L’esattezza matematica e geologica venga quindi presa con le molle. Ma quel 5.8 fa riflettere e tacere è impossibile.

Negli Anni Novanta ricordo come gli albanesi (allora i barconi solcavano l’Adriatico) venivano additati, disprezzati, considerati degli straccioni quasi “inferiori”. Sono passati decenni, oggi la cronaca dell’immigrazione è catturata da altri popoli in fuga. Ma quel “sentimento” (all’epoca ben fomentato e cavalcato dai governanti dell’epoca, quelli del blocco navale della tragedia di Pasqua 1997 e di quella negata di Natale 1996, lascio alla memoria in quanto non è l’argomento di oggi ricordare chi era assiso sui sacri palazzi…)  è rimasto sedimentato. E quindi, alla notizia di un forte terremoto in Albania, si pensa subito a baracche, forse chissà persino a villaggi tribali e poveracci che hanno un tetto solo per modo di dire. Mentre sto scrivendo (domenica mattina dieci minuti prima delle 11) leggo su Rainews.it che dopo la prima forte scossa fino alla tarda serata ci sono state altre 100 “lievi scosse di assestamento”. E poco dopo la mezzanotte una “di magitudo 4.9”. Subito dopo il bilancio, a stamattina: “oltre 400 le case e oltre 30 i palazzi danneggiati” e “oltre 100 le persone che, secondo il ministro della Sanità Ogerta Manastirliu, hanno chiesto l’assistenza medica al pronto soccorso di Tirana e Durazzo, di cui fino a mezzanotte solo 12 si trovavano ancora in ospedale”. Albania 2019, lì dove le case per l’abruzzese in poltrona ben seduto e pasciuto “sono fatte con lo sputo”. L’Aquila 2009, come già detto numeri forniti identici o quasi presumibilmente: oltre 300 morti, decine di migliaia di sfollati, edifici istituzionali distrutti e tanto altro tra distruzione, lutto, dolore e sofferenze. Lì dove negli anni successivi abbiamo avuto l’alluvione di dicembre 2015, il terremoto di agosto 2016 e la più che drammatica nevicata di gennaio 2017, dalla valanga di Rigopiano (e nulla aggiungo oggi a quanto denunciato in questi due anni da associazioni, comitati e alcuni giornalisti) al lunghissimo black out (che rischiò di causare ulteriori vittime tra malati gravi).

Mentre cercavo notizie sul terremoto di ieri in Albania e di non perdermi (senza riuscirci) nelle magnitudo dichiarate a L’Aquila dieci anni fa, scorro la rassegna stampa mattutina. Ancora una volta un protagonista della cronaca economico-politica abruzzese c’è. Nei giorni scorsi  la notizia che un costruttore abruzzese, coinvolto in passate vicende giudiziarie e negli anni scorsi accusato di esser coinvolto in gestioni irregolari di rifiuti, ha versato l’obolo ai comitatucci scippanomi del giglio sfiorito. Stamattina emerge che quello così potente che l’ultimo dei ras della politica abruzzese se ne definì damo sarebbe citato nell’inchiesta sulla “cassaforte” del suddetto giglio. E possiamo aggiungerci decine, forse centinaia, di episodi sulla “classe” politica e (im)prenditoriale abruzzese. E non riesco a non ricollegarlo con quanto scritto sopra.

 

SianiVespa

Il 20 settembre è il compleanno di Giancarlo Siani, il 23 l’anniversario del suo assassinio, il 27 il primo della morte di Peppe Vespa, storico giornalista indipendente aquilano. Dal 20 al 27 settembre ogni giorno verrà riportata qui una notizia sottaciuta, sottovalutata, che non ha provocato la sacrosanta netta indignazione, che non ha avuto a dovere lo sguardo come doveva. Quello sguardo che Peppe Vespa e Giancarlo Siani hanno avuto.

“i giornalisti giornalisti portano i notizie, i scup e chill è rottur e cazz e fann mal assai…”

e’ rottur e cazz, parafrasando Danilo Dolci, fanno seminare domande e quando maturano pretendono che germinino risposte.

le rotture ‘e cazzo riempiono le giornate di dubbi, incertezze, ansie, amarezze, fann viv nu schif e sentire ogni giorno inadeguato, non all’altezza, tolgono gioie, felicità, quelle piccole e grandi cose che allietano l’esistenza e ti fanno vivere una vita normale, senza patemi, col cuore che nin zi scarc’ tutt li sand mument … ma quando sei nato come lo scorpione della favola di Esopo, com cazz si fà a cambiare? E la stanchezza alla fine ti esaurisce, implori una Sant’Elena anche in comproprietà, ma non ce la si farà mai …

Ma nonostante tutto, nonostante quel che ci circonda, nonostante la vita ogni giorno invita a fare gli impiegati come dice Sasà in questo estratto di Fortapasc, l’augurio più bello è per noi che stiamo ancora qua. Come disse sul letto d’ospedale poco prima di morire Roberto Mancini, non amalgamarci perché non è finito nu cazz…

 

Pubblicato da Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora tra gli altri con Giustizia!, Telejato.it, Casablanca, I Siciliani Giovani e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e rotta adriatica del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di marcare la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.