Rotture di Vespa/7

tempimoderni La notizia è dei giorni scorsi e dovrebbe essere tra le prime condivise, dibattute e rese patrimonio comune. E invece si nota un pesantissimo silenzio da parte di troppi. Di chi si riempe la bocca di grandi propositi umanitari e solidaristici ma non si muove dal suo orticello. Dei rivoluzionari anche monoscioperanti (nel senso che da soli lanciano proclami che sembra arrivata la rivoluzione delle rivoluzioni ma non smuovono neanche le foglie secche del proprio giardino). Dei grandi “sindacalisti” che aprono le labbra per celebrare se stessi e spacciarsi per grandi dirigenti. Dei cantori dell’articolo costituzionale “l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro” ma a) il lavoro in gran parte manco sanno cos’è b) sono troppo impegnati a cercare strapuntini di palazzo e a festeggiarsi per occuparsene. Dei grandi progressisti che ogni giorno sembra debbano portare avanti chissà quale battaglia campale, per l’ambiente (anche se oggi pare vada più di moda chiamarlo “green” con quello che vi pare dopo), per l’umanità, contro i fascismi ecc. ecc. ma stringi stringi nella migliore delle ipotesi cercano posti al sole per autopromuoversi. Abbiamo questa e tanta altra fauna cianciante. Ma nessuno, tranne il sindacato che ha sostenuto il lavoratore coinvolto, ha impegnato mezzo secondo per – come si accennava prima – una notizia che dovrebbe essere epocale. Una sentenza di tribunale ha dato ragione ad un lavoratore e ribadito l’esistenza della sua dignità e dei suoi diritti fondamentali. Non è successo lontano, è successo qui, in Val di Sangro. Davide ha letteralmente sconfitto Golia creando i presupposti per una valanga immensa. Ed è una sentenza che spazza, o almeno dovrebbe, tantissime chiacchiere e propagande di questi anni. Gli operai esistono ancora. E hanno dei diritti, hanno un’umanità che è molto più importante e prioritario rispetto al profitto e all’economia. In questi anni ci è stato propinato in ogni salsa e occasione: la classe operaia non esiste più, l’economia deve flessibilizzarsi e adattarsi ai mercati, siamo nella post ideologia e quindi basta conflitti, basta scontri, tutti sono in armonia. Nessun conflitto, nessuna ideologia, nessuna idea. Ovvero quella dei ricchi e potenti, di chi ha le leve della finanza e dell’economia, quella del profitto dei pochi (anzi dei pochissimi, perché negli anni della crisi tutto è stato cancellato o diminuito tranne le ricchezze dei super-ricchi e le spese militari che sono aumentate in maniera esponenziale). E’ la “verità” di comodo, la “verità” del potere – per dirla alla Dé Andre –  ma non è la verità della realtà. Quella realtà dove in questi anni, tra un proclama e un filosofeggiare su quanto appena riportato – a Nardò si è celebrato l’unico processo che era in corso in Europa con esplicitamente l’accusa di sfruttamento della schiavitù, dove (anche nella nostra regione e proprio in val di sangro) abbiamo avuto notizie di riduzione in schiavitù in fabbrica, dove sulla stampa – tra una marchetta e l’altra al potente di turno –  abbiamo letto titoli come “Schiavitù, l’Italia al terzo posto in Europa per numero di schiavi” (La Repubblica online, 2 giugno 2016), “Lavoro minorile: l’Italia è il Paese dei piccoli schiavi” (L’Espresso online, 9 gennaio 2019), “Allarme schiavi in Italia: 1.500 morti ‘di fatica’ negli ultimi sei anni” (Today, 28 marzo 2019), “Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?” (Il Sole 24 Ore online, 26 gennaio 2018) e “Nel mondo 30 milioni di schiavi. E L’Italia ha il record in Europa” (Il Messaggero online, 23 Agosto 2014). Un elenco che potrebbe proseguire per pagine e pagine.

La sentenza dei giorni scorsi riporta quindi alla realtà, ribadisce che il lavoro è un diritto e i lavoratori hanno diritti e dignità. E assume un valore ancora più importante in questo territorio, dove per anni ha imperversato (e in buona parte imperversa ancora) il clientelismo più socialmente devastante possibile. Che ha forgiato generazioni e generazioni di persone rese suddite nel “re delle clientele” (autodefinizione sua) e convinte che si può vivere solo col cappello in mano. Che esistono solo le concessioni del potente illuminato di turno, che senza la spintarella o la “buona parola” nulla esiste. E non devi neanche pretenderlo perché nulla è dovuto, tutto è legato al favore del padrino.

SianiVespa

Il 20 settembre è il compleanno di Giancarlo Siani, il 23 l’anniversario del suo assassinio, il 27 il primo della morte di Peppe Vespa, storico giornalista indipendente aquilano. Dal 20 al 27 settembre ogni giorno verrà riportata qui una notizia sottaciuta, sottovalutata, che non ha provocato la sacrosanta netta indignazione, che non ha avuto a dovere lo sguardo come doveva. Quello sguardo che Peppe Vespa e Giancarlo Siani hanno avuto.

“i giornalisti giornalisti portano i notizie, i scup e chill è rottur e cazz e fann mal assai…”

e’ rottur e cazz, parafrasando Danilo Dolci, fanno seminare domande e quando maturano pretendono che germinino risposte.

le rotture ‘e cazzo riempiono le giornate di dubbi, incertezze, ansie, amarezze, fann viv nu schif e sentire ogni giorno inadeguato, non all’altezza, tolgono gioie, felicità, quelle piccole e grandi cose che allietano l’esistenza e ti fanno vivere una vita normale, senza patemi, col cuore che nin zi scarc’ tutt li sand mument … ma quando sei nato come lo scorpione della favola di Esopo, com cazz si fà a cambiare? E la stanchezza alla fine ti esaurisce, implori una Sant’Elena anche in comproprietà, ma non ce la si farà mai …

Ma nonostante tutto, nonostante quel che ci circonda, nonostante la vita ogni giorno invita a fare gli impiegati come dice Sasà in questo estratto di Fortapasc, l’augurio più bello è per noi che stiamo ancora qua. Come disse sul letto d’ospedale poco prima di morire Roberto Mancini, non amalgamarci perché non è finito nu cazz…

Pubblicato da Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora tra gli altri con Giustizia!, Telejato.it, Casablanca, I Siciliani Giovani e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e rotta adriatica del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di marcare la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.