Terremoti. 0.2 non può significare 309 nove ammazzati in più

sismagiappone Terremoto. Una parola di poche lettere. Ma che ha un peso immenso, insostenibile. E’ una parola che mi scuote dentro, mi devasta ormai da diversi anni. Perché ormai s’intreccia indissolubilmente con tanta parte della mia vita. Questa mattina, come ho sentito in tv che stanotte altre nuove scosse hanno colpito il centro Italia, non mi vergogno a dirlo sono scappato in bagno piangendo. Le lacrime impetuose hanno rigato il volto. E, mentre scrivo, un’ora e mezza dopo, sono ancora qui.

 
Il 6 aprile 2009 insieme a papà guardavamo le immagini di Rainews24 da L’Aquila. Furono giorni terribili, di attesa e di dolore. E per me tristi ancor di più. Perché da quei giorni, ancora una volta, non fu la prima e non fu l’ultima, la vita cercò di farmi capire che pacchi e contropacchi ti arrivo da chi e quando meno te l’aspetti. Ma chi nasce fesso e ingenuo deve abituarsi a ciò, di fregature ne avrà sempre, ci sarà sempre chi ti rigirerà e sfrutterà come vorrà. E tu rimarrai sempre lì, con ancora meno forza di prima. Fino alla volta successiva.
Il 24 aprile 2016, invece, mentre le immagini di Amatrice, di Pescara del Tronto e di tutti gli altri comuni colpiti cominciarono a diffondersi per lo Stivale, iniziavano (ma noi ovviamente non potevamo saperlo) le ultime 24 ore di vita terrena di papà.
 
E a tutto questo s’intrecciano migliaia di ricordi, rabbie, indignazioni, di questo terremoto che dura da 9 anni come scrisse l’anno scorso su facebook Giuseppe Manzo. Infinito. Ripercorrere tutto quello che è accaduto, da come furono trattati i parenti delle vittime nelle prime ore (quelle parole di Lilli Centofanti  in un’intervista che le feci per Casablanca – storie delle città di frontiera mi rimbombano ancora nelle orecchie “Siamo stati completamente abbandonati per 72 ore dall’incapacità ad ogni cosa. Solo dopo le nostre vibranti proteste ci hanno portato del cibo. In sacchi della spazzatura…” https://www.peacelink.it/abruzzo/a/38735.html ) alla gestione di quei mesi (e basta riprendere in mano uno degli innumerevoli volantini, comunicati che facemmo in quei mesi o le documentatissime inchieste di Angelo Venti e altri). Ripenso a quanto vedemmo  durante la Marcia per la Pace di fine anno. Tornai a casa distrutto, appena rientrato a casa in lacrime dissi a mia madre “hanno ucciso l’aquila, l’aquila non vogliono farla rinascere, è terribile, è tutto terribile” e subito dopo dovetti correre in bagno per ripetuti conati. Mi feci 3 giorni a letto d’influenza fortissima.
 
Quest’immagine l’ho mandata ieri ad alcune e alcuni. E’ stata la prima news di televideo di un terremoto in giappone. 0.2 meno de L’Aquila. Si potrà ricacciare quello che volete, la geologia, la morfologia, la scala che è esponenziale, quello che vi pare. Ma 0.2 non può significare 309 morti, migliaia di feriti, 9 anni come quelli che abbiamo vissuto e tanto altro. E’ inaccettabile, è osceno, e non che può, deve far incazzare.
 

Pubblicato da Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora tra gli altri con Giustizia!, Telejato.it, Casablanca, I Siciliani Giovani e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e rotta adriatica del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di marcare la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.