Guai a noi che abbiamo tra i piedi i sepolcri imbiancati

Nei giorni scorsi abbiamo avuto notizia di una nuova celebrazione degli “eroi di Rigopiano”. Nulla da eccepire ovviamente sulla premiata, anzi. Davanti a lei giù il cappello e solo stima, ammirazione, affetto. Sia ben chiaro. Sono veramente ed effettivamente eroi. Passerelle, celebrazioni, convegni davanti ad ogni “tragedia” abbondano. Poi al massimo ci scappa un titolo che dovrebbe offendere le coscienze. Ma tutto panta rei.

3scimmiePeppinoImpastato Poi stamattina apri il giornale e colpisce un titolo “inchiesta in fumo”, nuova pietra tombale sulla possibilità di avere giustizia per i 309 morti del 6 aprile 2009 a L’Aquila. Ma ormai son passati 9 anni e tutto panta rei, ormai sono in archivio. La polemica dei mesi scorsi per chi voleva ricordarli perennemente parla da sola. Perché le sfilate, le passerelle, le retoriche a buon mercato sono patrimonio comune, appaiono quasi doverose, un rito collettivo a cui se non partecipi “pare brutto”. Ma guai ad andare oltre. Che sia il terremoto di 9 anni fa, quello di due anni fa, i terribili giorni della neve dell’anno scorso e di Rigopiano, del terremoto di Ischia dell’anno scorso. Sul 6 aprile 2009 ormai l’indignazione è a comando per tutti, bella selettiva. Quando c’erano i “nostri” (che ognuno interpreti come gli pare) tutto perfetto – e guai ad esporre mezza critica, è tutto falso – e quando c’erano gli “altri” (anche qui ognuno metta chi gli pare) tutto faceva schifo. Poi je tutto mafia, magna magna, schifo, perché lo Stato abbandona i terremotati e ecc. ecc. ecc. (le manfrine le conosciamo già). Ma passano gli anni e i processi finiscono su binari morti nel silenzio e nell’omertà, a chiedere giustizia, documentare e denunciare son sempre di meno. E appari pure stonato e rompi…blaterare è facile, è pure conveniente, piangere retoricamente scarica la coscienza. Eppure, mentre le passerelle aumentano, una nuova inchiesta va in “fumo”. Una celebrazione per Rigopiano l’abbiamo avuta anche durante il passaggi del Giro. Ma chi comparve sulla scena facendo quasi (quasi? forse manco quasi…) trasparire fastidio per lor signori? Indovinate un po’…i familiari, coloro che da mesi e  mesi, e mesi e mesi e mesi, non accettano il silenzio, hanno il coraggio di metterci la faccia e andare avanti nel proprio impegno.

Dopo l’assassinio del figlio, Felicia Impastato ruppe una tradizione plurisecolare siciliana. Ma non solo. Non si chiuse nel silenzio del lutto, non si barricò in casa. Andò persino, scandalo degli scandali dei benpensanti e delle “brave persone”, a votare qualche giorno dopo. Alzò la testa, rese pubblico il suo lutto, non chiuse le finestre ma spalancò le porte di casa. Ecco, davanti alla retorica post “tragedie” e a come  gira che ti rigira  la ricerca di verità e giustizia non interessa il 99,99% degli strappalacrime, che anzi vedono con fastidio e quasi (anche qui quasi? mah forse possiamo toglierlo…) condannano chi ci prova, mi vien da ripensare sempre all’esempio di Felicia. E come si siano chiuse le finestre e si siano girati in troppi dall’altro lato scandalizzati. Altro che “mai più”, è la giostra del “quando torniamo a fare le prefiche?”

Alessio Di Florio

Pubblicato da Alessio Di Florio

Militante comunista libertario e attivista eco-pacifista, referente abruzzese dell’Associazione Antimafie Rita Atria e di PeaceLink, Telematica per la Pace. Collabora tra gli altri con Giustizia!, Telejato.it, Casablanca, I Siciliani Giovani e altri siti web. Autore di articoli, dossier e approfondimenti sulle mafie in Abruzzo, a partire da mercato degli stupefacenti, ciclo dei rifiuti e rotta adriatica del clan dei Casalesi, ciclo del cemento, post terremoto a L'Aquila, e sui loro violenti tentativi di dominio territoriale da anni con attentati, intimidazioni, incendi, bombe con cui le mafie mandano messaggi e tentano di marcare la propria presenza in alcune zone, neofascismo, diritti civili, denunce ambientali tra cui tutela coste, speculazione edilizia, rischio industriale e direttive Seveso.